Un passo avanti nella comprensione delle proprietà dei materiali magnetici molecolari. Lo documenta lo studio pubblicato su Nature Communications dal team coordinato da Roberta Sessoli, del Dipartimento di Chimica “Ugo Schiff”. I ricercatori hanno formalizzato e quantificato il ruolo fondamentale delle vibrazioni nel rilassamento magnetico corrispondente all’inversione della magnetizzazione le cui due possibili direzioni generate dall’anisotropia magnetica possono essere associate agli stati digitali “0” e “1”. Il rilassamento è quel fenomeno che ostacola le possibili applicazioni dei sistemi magnetici molecolari come nano-memorie digitali, per esempio RAM e hard disk, a temperature di funzionamento non bassissime. (The role of anharmonic phonons in underbarrier spin relaxation of single molecule magnets, doi: 10.1038/ncomms14620).
La ricerca, nata dalla tesi di dottorato in Scienze chimiche di Alessandro Lunghi sotto la guida di Federico Totti nel laboratorio di magnetismo molecolare diretto da Roberta Sessoli, è stata sviluppata grazie alla collaborazione con Stefano Sanvito, del Trinity College di Dublino. All’approccio teorico e computazione dello studio, che rappresenta lo stato dell’arte nella modellizzazione delle proprietà dei materiali magnetici, ha dato un apporto anche Roberto Righini del Laboratorio Europeo di Spettroscopie Non-Lineari (LENS).
“Affinché l’informazione magnetica delle molecole rimanga stabile, cioè che l’inversione della magnetizzazione non avvenga - spiega Sessoli, ordinario di Chimica generale ed inorganica - si è pensato fino a oggi di sintetizzare magneti molecolari con barriere sempre più alte che si oppongono a questa inversione. Nonostante siano state sintetizzate molecole magnetiche con barriere superiori a temperatura ambiente - prosegue la ricercatrice -, l’esperienza mostra che esse “funzionano” solo a temperature molto più basse”.
“Il nostro studio - conclude Sessoli - mostra che ciò è dovuto alle vibrazioni molecolari che rendono il rilassamento della magnetizzazione molto più rapido di quanto atteso e modifica in modo sostanziale i criteri di progettazione di questa classe di molecole, che in futuro potranno essere utilizzate come “memorie” in grado di immagazzinare enormi quantità di dati in dimensioni estremamente ridotte”.